In ottobre, la produzione industriale in Italia non ha mostrato variazioni rispetto al mese di settembre, ma ha registrato una diminuzione del 3,6% se confrontata con lo stesso mese del 2023. La situazione è stata più grave in Germania, dove la produzione ha visto una riduzione dell’1% su base mensile e del 4,5% su base annua. In Francia, le cifre indicano un decremento dello 0,1% nel mese e dello 0,4% nell’anno. D’altra parte, la Spagna ha evidenziato un incremento dello 0,5% nel confronto mensile e dell’1,9% in quello annuale. “La dinamica europea appare generalmente più debole rispetto a quella degli Stati Uniti. È evidente che stiamo affrontando un periodo di difficoltà produttiva,” commenta Luigi Campiglio, professore di Politica economica presso l’Università Cattolica di Milano. “In questo contesto, è fondamentale analizzare le performance dei vari settori,” aggiunge.
Cosa ci può dire in merito?
Un esempio di settore in difficoltà è l’automotive, che in Italia ha subito un calo del 16,4% su base annua nella produzione di mezzi di trasporto. In contrasto, complice anche la stagione fredda, si è verificato un aumento dell’1,6% nella fornitura di energia elettrica e gas.
Pensa che ci sia il rischio di non aver ancora raggiunto il fondo, per cui potremmo vedere ulteriori dati negativi nei prossimi mesi?
Questo rischio appare contenuto. Con l’arrivo delle festività potremmo assistere a qualche miglioramento, sebbene non si estenda a tutte le categorie produttive, in particolare quelle dei beni durevoli. La situazione di incertezza, anche geopolitica, porta le famiglie a concentrarsi sulle spese essenziali. Non è un caso che la produzione di beni alimentari, bevande e tabacco abbia registrato l’aumento maggiore su base annua, con un +3,7%.
Il periodo delle festività potrà portare una boccata d’ossigeno all’industria?
Sebbene non si preveda un’inversione di tendenza, il periodo festivo dovrebbe comunque sostenere l’economia e l’attività produttiva, specialmente nei settori che già mostrano segni positivi. Tuttavia, i settori in difficoltà sono spesso quelli che potrebbero contribuire maggiormente alla crescita economica a lungo termine.
Tra questi c’è anche il settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori, che ha registrato un calo del 7,6% su base annua e rappresenta uno dei pilastri del Made in Italy.
Questo comparto, cruciale per l’economia italiana, sta probabilmente risentendo dell’incertezza internazionale e della concorrenza di altri paesi europei. Non solo dalla Francia, ma anche dalla Spagna, che ospita aziende attive in questo settore, sebbene non ai massimi livelli. Questo può rendere i loro prodotti meno costosi più attraenti sul mercato europeo.
Cosa può fare la politica economica per cercare di favorire una svolta del quadro industriale?
Creare un clima di aspettative positive che incentivi gli investimenti e l’attività produttiva potrebbe fare la differenza. Anche solo annunciare, in modo credibile, politiche volte a migliorare la situazione economica e il potere d’acquisto delle fasce meno abbienti potrebbe essere utile. Il Governo sta cercando di fare proprio questo con la proroga del taglio del cuneo fiscale nella Legge di bilancio. Vedremo quali saranno gli effetti concreti all’inizio del 2025.
In tema di manovra, il Governo sta valutando l’introduzione, come suggerito da Confindustria, della cosiddetta Ires premiale: un abbassamento dal 24% al 20% dell’Ires per le aziende che reinvestono una quota significativa degli utili in investimenti piuttosto che nell’aumento della forza lavoro o in attività di welfare o formazione per i propri dipendenti. Qual è la sua opinione in merito?
Questo provvedimento potrebbe sicuramente contribuire a creare un ambiente di aspettative positive per le imprese e i lavoratori. Anche se probabilmente non basterebbe da solo a segnare una svolta, rappresenterebbe comunque un supporto significativo nella situazione attuale, a patto che la sua implementazione non subisca ritardi dovuti all’approvazione dei necessari decreti attuativi.
(Lorenzo Torrisi)
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