BANCHE IN CRISI: Come la Paura di Sbagliare Ci Trasforma in “Caporali”

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L’articolo che commemorava i trent’anni dalla scomparsa di Ferdinando Ventriglia ha generato un’ampia gamma di reazioni, con prevalenza di feedback positivi rispetto a quelli negativi, il che è una fortuna per chi ne ha scritto. Nonostante la damnatio memoriae che spesso segue i personaggi sconfitti dalla storia, chi ha avuto l’opportunità di conoscerlo non può ignorare il valore umano di Ferdinando e il suo impegno autentico per il progresso del Mezzogiorno.



Ferdinando Ventriglia, ultimo Direttore generale del Banco di Napoli, ci ha lasciato il 10 dicembre 1994. La sua morte ha segnato l’abbandono di un istituto storico, vecchio di cinquecento anni, alle manovre di una politica vittoriosa e affamata, guidata da interessi leghisti, e ai complotti di potenti gruppi che hanno preferito salvare la scandalizzata Banca Nazionale del Lavoro, consegnando così il patrimonio finanziario del Sud a interessi estranei e dannosi per i meridionali.



Le cause che hanno portato alla svendita del Banco – un cumulo di crediti presunti irrecuperabili – sono state smentite nel tempo. La Società per la Gestione di Attività, conosciuta come Sga, è riuscita a recuperare tutte le somme dovute, dimostrando che il cosiddetto buco miliardario non esisteva e che con una gestione accurata e paziente si sarebbe potuto evitare il disastro.

Ironia della sorte, i fondi ottenuti da quella operazione sono stati poi utilizzati per salvare banche venete effettivamente fallite, creando il paradosso per cui i soldi del povero Sud sono stati usati per soccorrere il ricco Nord. Questa seconda depredazione è passata quasi inosservata nonostante gli sforzi di alcuni coraggiosi che hanno cercato, con limitato successo, di far emergere la verità e recuperare quanto sottratto.



Le epoche cambiano e gli ultimi decenni hanno visto una crescente dominanza della tecnologia nelle decisioni economiche e finanziarie, spesso a discapito del giudizio umano. In passato, anche il direttore della più piccola filiale bancaria valutava le richieste di credito basandosi su numerosi criteri, inclusa la solidità del progetto proposto e la credibilità degli azionisti.

Oggi, tuttavia, la decisione è largamente delegata a algoritmi che analizzano dati e informazioni senza considerare le motivazioni umane dietro le cifre, sostituendo di fatto il giudizio personale con quello impersonale della tecnologia. Questo accade nella maggior parte dei casi, a meno che non intervengano direttive esplicite da parti più influenti.

Attualmente, le modalità di finanziamento aziendale sono più variegate rispetto al passato. Si assiste all’emergere di capitali destinati all’avvio, alla crescita, al consolidamento, all’internazionalizzazione, alle fusioni e ad altre necessità imprenditoriali. Tuttavia, sembra che ci sia una crescente difficoltà nel comprendere e valutare le esigenze altrui, un chiaro segno dei tempi che cambiano.

Il timore di sbagliare è soverchiante, spingendo molti a evitar rischi anche per prevenire possibili ingiustizie. Questo atteggiamento porta alla perdita di molte opportunità: per paura di affidare risorse a chi non le merita, si finisce per non supportare chi invece le meriterebbe. In definitiva, la macchina prevale, esonerando tutti dalle responsabilità, mentre l’eccesso di cautela sopprime il coraggio necessario per innovare.

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